I taccuini di Tarrou – 114

Sono giorni in cui la sofferenza dei bambini (dio, quei volti smarriti in fuga dalla morte e dalla distruzione, quei corpicini straziati sulle strade!) mi tormenta, mi rode dall’interno come un tarlo e illumina di una luce abbacinante e terribile le parole di Ivan Karamazov, parole che riecheggiano nei secoli come verità universali. In questi giorni vivo sotto un cielo d’angoscia, roso dall’impotenza, da un odio e da una rabbia ciechi. Vorrei almeno trovare conforto nell’anatema, ma so che sarebbe inutile, e così mi sciolgo in un pianto invisibile, amaro e sterile che non mi dà tregua. Quando muore un bambino muore ogni presunto aspetto positivo, luminoso della vita umana, ogni speranza di salvezza e resta la pura bestialità dell’essere. Non esistono progressi della civiltà, ognuno deve ricominciare da capo, costruirsi tutto da sé, distruggere i pregiudizi, i luoghi comuni che lo imprigionano dalla nascita ed edificare la propria verità, la propria libertà, la propria etica.

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